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Gloria Maritan - South Caucasian Women Photography-Panel

Gloria Maritan - South Caucasian Women Photography-Panel

Title South Caucasian Women Photography-Panel
Authors Gloria Maritan
Date 2/2020
Excerpt Il progetto ha visto coinvolte per un periodo di sei mesi sette fotografe provenienti da Armenia, Georgia e Azerbaijan, su temi relativi a migrazione, attraversamento delle frontiere e identità nazionale.
Tags photography, event, caucasus, georgia, women


Mercoledì 11 Febbraio 2020

Si è svolta all’interno dell'hotel Stamba la presentazione del progetto “South Caucasian Women Photography”, organizzato da Tbilisi Photography & Multimedia Museum e finanziato dall'Ambasciata svizzera in Georgia [1].

Il progetto ha visto coinvolte per un periodo di sei mesi sette fotografe provenienti da Armenia, Georgia e Azerbaijan, su temi relativi a migrazione, attraversamento delle frontiere e identità nazionale.

Ciascuna fotografa ha voluto cogliere e raccontare diversi scenari della vita caucasica, utilizzando linguaggi differenti tra loro e mostrandoci da vicino la propria personale percezione di queste realtà.

“Se la foto non è buona vuol dire che non eri abbastanza vicino” diceva Robert Capa, uno dei più grandi fotografi della storia del reportage. Proprio questo è stato il compito di queste giovani ragazze, immergersi appieno ed osservare la realtà non solo dietro il proprio obbiettivo fotografico, ma partecipare con ciò che hanno voluto raccontarci.

Se c’è una cosa in comune che queste fotografe sono riuscite a catturare è una sensibilità che va oltre la funzione documentaria del reportage: non ci viene raccontato solamente ciò che hanno visto ed a cui hanno assistito, ma prima di tutto ci mostrano una sensazione, spesso di nostalgia o compassione, empatia e anche distacco.


RED RIBBON - Melek Bayramli[edit | edit source]

Il nastro rosso è simbolo tradizionale dell’unione e dell’amore, in questo reportage Melek segue giovani donne che decidono di sposarsi più per il volere dei genitori che per una scelta autentica e trovarsi un marito è quasi un compito svolto col fine di assecondare la famiglia. Se ti trovi un marito sei libera di andartene da casa, libera di costruirti la tua vita. Il filo rosso è presente in ogni fotografia, lo si ritrova nelle decorazioni della casa addobbata per i festeggiamenti, nell’abito da sposa. L’occhio con cui Melek ci mostra tutto ciò è un occhio malinconico, si percepisce nel simbolo del nastro rosso, non un simbolo di festa ma piuttosto una catena.

La foto che rappresenta un bimbo in fasce legato con il filo rosso ci vuole far riflettere sull’impossibilità di quel bambino di slegarsi da esso nel corso della sua vita futura.

CHILDREN OF SHELTER - Nata Vahabova[edit | edit source]

Nata Vahabova ci mostra la vita di tutti i giorni di bambini che hanno subito violenza domestica. Nel nido di accoglienza ritratto mostra la vita di questi bimbi e anche di alcune donne, madri, che cercano un posto sicuro in cui vivere. Ci vengono mostrati bambini con vestiti sporchi, piatti con cibo povero. La loro quotidianità viene mostrata in maniera chiara, senza censure e allo stesso tempo senza esagerazioni non necessarie ad esprimere la loro verità.

DEATH TO MOQUITO DURING THE SUMMER DAY - Anka Gujabidze[edit | edit source]

Un progetto molto introspettivo quello di Anka. Le sue fotografie hanno l’intento di mostrarci la sua percezione del paese in cui ha sempre vissuto, ovvero la Georgia. Dal dettaglio della carne che viene affilata con il coltello all’autoritratto di lei che si fa un bagno. Ci conduce per mano in questa personale visione, esasperando cromaticamente alcune fotografie. Ci comunica ciò che ha vissuto, che ha visto e provato, affianca testimonianze di "villaggio" a tavolini di discoteca con sopra strisce di cocaina, ci rappresenta il dettaglio e i vasti paesaggi.

Un continuo contrasto, un tornante di emozioni e pensieri che vengono sintetizzati grazie a questo progetto, che ha lo scopo di esprimere come le persone si sentono in Georgia, cosa non si può vedere ma solamente sentire: riguarda Anka, la sua famiglia e il sentimento in generale che si può solo sentire ma non è facile da vedere.

FIVE SECOND RULE – Mano Svanidze[edit | edit source]

Il nome del progetto è evocativo. La regola dei 5 secondi sancisce che se un cibo ci cade a terra, abbiamo 5 secondi per salvarlo. Se rimane a terra per più di quei 5 secondi è un alimento da buttare, un alimento infetto di batteri.

Mano denuncia così la società di oggi, dove se cadi, fallisci o ti deprimi non puoi permetterti di stare in quella posizione a lungo; devi rialzarti più in fretta possibile ed essere forte o per la società sarai qualcosa da evitare, qualcuno di malato, da buttare.

In questo reportage ci viene mostrata la quotidianità e la storia di donne transgender, di come vivono, di cosa sognano, di come reagiscono in un paese dove non sono tollerate dai più, di coloro che si prostituiscono per potersi permettere un tetto in cui vivere. Mano ci fa vedere la difficoltà, la povertà ma al contempo la forza di non rinunciare ai propri sogni. Coloro che non possono permettersi di cadere o di crollare ma devono rimanere forti e orgogliosi.

PORTRAIT OF ORACLES - Nata Sopromadze[edit | edit source]

La chiromanzia, i tarocchi, i fondi del caffè nelle tazzine. Nata si è immersa nel fragile mondo dove donne leggono e analizzano ciò che ti è accaduto, che ti accade e che ti accadrà. Un mondo fragile perché il fruitore principale è colui che si trova perso, colui che ha bisogno di aggrapparsi a delle certezze, l’individuo che deve essere confortato da una forza esterna al suo essere. La tecnica fotografica utilizzata da Nata è quella del flash che enfatizza, tenendo in ombra tutto il contorno, i soggetti. [vignettatura, ndr]

In questo modo illumina e fa emergere dal buio gli oggetti e i luoghi utilizzati dalle donne premonitrici, facendo trapelare così un’aura di mistero attorno ad essi, come se fossero dei segreti che condivide con noi. Ci mostra così la vita di tutti i giorni di queste donne che coltivano queste lunghe e consolidate tradizioni. Tutti i dettagli evidenziati, gatti neri, carte, fondi del caffè, le voci delle premonizioni in sottofondo, ci fanno riflettere nuovamente sul binomio di speranza e paura che si ripone in queste persone che hanno la necessità di aggrapparsi a qualcosa.

I HAD LEFT MY HOME EARLY IN THE MORNING - Lilith Matevosyan[edit | edit source]

Un lavoro che non si limita ai sei mesi del progetto ma una vera ricerca di materiale autobiografico quello della fotografa Lilith. Ci racconta la storia della migrazione di lei e della sua famiglia dalla Georgia all’Armenia dopo la caduta dell’unione sovietica.

Lilith non ci fa solamente vedere come vive oggi e ma ci racconta la storia della sue origini, raccoglie materiali multimediali del passato e recupera delle cassette VHS della sua infanzia e della gioventù dei suoi genitori. Ci mostra un passato recente e un presente che non vogliono dimenticare questo passato.

Nelle foto si cela un po’ di nostalgia, ma si percepisce anche la forza di adattarsi in un nuovo contesto.

ARMENIANS IN GERMANY - Anahit Hayrapetyan[edit | edit source]

Il suoi ritratti ci raccontano le storie di armeni che vivono oggi in Germania, della loro vita, di cosa si occupano e di come vivono. I loro volti sono sereni, alcuni un po’ più seri. C’è chi si è portato i costumi tradizionali, chi delle icone, chi l’Armenia se la porta dentro il cuore.

La cosa che li accomuna è la nostalgia della propria terra, ma quasi tutti giurano di tornarci e continuare la propria vita in Armenia.

Foto dell'incontro[edit | edit source]


Tags:
photography
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georgia
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